La Bioenergetica cura la scissione mente-corpo,
mediante le funzioni neurovegetative dell’inconscio e, soprattutto,
con il grounding nel Real Self e nel Moral Self,
che sono i pilastri della felicità.

Ezio Zucconi Mazzini

 

Il modello scientifico della SMIAB è una evoluzione innovativa dell’analisi bioenergetica di Alexander Lowen e dell’analisi del carattere di Wilhelm Reich.
I disturbi di personalità rappresentano il tallone d’Achille e lo zoccolo duro di tutte le psicoterapie e si configurano come partners di sentimenti, pensieri e comportamenti stabili nel tempo e relativamente involontari, come formazioni reattive o evitamenti di paure inconsce correlate a difetti del Self.
I difetti del Self sono traumi passivi per esperienze non fatte delle proprie potenzialità innate.
Possiamo cristallizzare il modello scientifico con il termine “SAB” (Self-Analisi Bioenergetica), che riassume tre istanze psichiche: il Self, l’Analisi Bioenergetica e il Corpo. Ognuno di questi tre termini è incentrato nel linguaggio del corpo, che consente di comprendere come e perché l’organismo vivente percepisce e si esprime.
Self, perché: il Self è una funzione integrativa ed evolutiva che include le tre strutture inconsce della meta-psicologia freudiana (Es, Io e Super-Io), sempre implicite in ogni relazione umana.
Analisi, perché: la SAB come tutte le psicoterapie non può fare a meno delle scoperte di Freud, quali: il setting, le resistenze, le associazioni libere (che noi preferiamo chiamare “Now Moments”), l’analisi dei sogni e la relazione terapeutica che comprende il transfert e il controtransfert corporeo.
Corpo = Bios, da cui deriva il termine “bioenergetica”, perché: privilegia la pulsazione energetica delle varie funzioni vitali che coinvolgono gli aspetti energetici e dinamici con tutta la complessità dell’integrazione mente-corpo e delle infinite relazioni.

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Il Self per Winnicott nasce dalla vitalità delle funzioni corporee (pulsazioni del cuore, del respiro e vissuti corporei relativi ai bisogni e ai diritti bioenergetici come il diritto di esistere, di avere bisogno, di avere sostegno ecc.), in tutte le fasi di sviluppo: orale, anale, uretrale e genitale.
In questa concezione del Self si intravede la reciproca interrelazione fra psiche e soma fin dalla primissima infanzia a costituire la continuità dell’esistere (continuity of being), che ha la sua centralità nel corpo, ad iniziare dall’Emerging Self, fin dalla nascita.
Per quanto concerne i disturbi di personalità facciamo riferimento agli studi clinici e alla ricerca dell’ISSPD (International Society for the Study of Personality Disorders) e dell’AISDP (Associazione Italiana per lo studio dei Disturbi di Personalità), conosciuta e apprezzata dalla comunità scientifica internazionale. Da Cesare Maffei (past President dell’IISPD), abbiamo appreso che le diagnosi cliniche dei disturbi di personalità, considerate le continue revisioni diagnostiche in itinere durante la terapia, presentano differenze qualitative versus criteri dimensionali (differenze quantitative), ma anche criteri nomotetici che stabiliscono leggi generali versus criteri ideografici che descrivono i particolari. Tutte le polarità diagnostiche sono anche versus la diagnosi strutturale di matrice kernberghiana, che analizza l’organizzazione della personalità in termini di: dispersione di personalità, gerarchia dei meccanismi di difesa dell’Io (da quelli più immaturi a quelli più maturi) ed esame di realtà. La complessità della diagnosi proposta da Maffei è giustificata dal fatto che la diagnosi dei disturbi di personalità è dialetticamente in gioco tra clinica e ricerca.
Il maggiore e più innovativo contributo della ricerca della SMIAB è la scoperta, la sperimentazione e l’introduzione in terapia di un doppio setting: il setting oggettuale per i disturbi conflittuali e il setting preoggettuale per i disturbi difettuali (difetti del Self, alla base dei disturbi di personalità). Se il setting preoggettuale è gestito con competenza può giungere al cuore del difetto del Self, liberando i bisogni relazionali primari che sono stati negletti e perciò memorizzati nel proto-Sé corporeo, come traumi passivi dovuti alle esperienze affettive-relazionali corporee non fatte o fatte in maniera inadeguata. La riparazione dei difetti del Self avviene essenzialmente per via empatica, anche se gli aspetti cognitivi possono, solo dopo, sostenerla e rinforzarla.
Con la abreazione bioenergetica della SAB si ha un nuovo apprendimento emozionale (“Now Moment”), che apre la porta a nuove possibilità di cambiamenti affettivi e psico-corporei, perché permette di uscire dall’inibizione dell’azione e della espressione emozionale rivelandosi un importante fattore terapeutico.
L’abreazione bioenergetica che ha spesso a che fare con i disturbi conflittuali, intensificando le emozioni, consente l’emergere del rimosso con acting out in un setting protetto e sicuro, che diviene curativo perché si porta dietro anche l’abreazione della patologia difettuale.
Nei conflitti la tensione si esprime nei confronti di oggetti interiorizzati proiettati sul terapeuta, invece nei difetti la ripetizione dei bisogni non soddisfatti non trova oggetti internalizzati, per cui la relazione transferale deve necessariamente essere pre-oggettuale, perché deficitaria nei contenuti rappresentazionali traumatici che appaiono più vulnerabili e a rischio di distorsione.
Il razionale del doppio setting e doppio transfert consente al terapeuta di essere pronto a passare istantaneamente da un transfert oggettuale (conflittuale) ad uno pre-oggettuale (deficitario) e viceversa, a seconda che la punta dell’iceberg, costituito dai traumi pre-oggettuale e oggettuali, emerga in quale momento come conflitto o come deficit, in una costellazione di comorbilità tra difetti e conflitti.
La Self-Analisi Bioenergetica è la più completa e scientifica delle psicoterapie perché riesce, attraverso la lettura del linguaggio emozionale corporeo, a toccare i bisogni primari, come il contatto rassicurante, la fiducia di base e il piacere relazionale. Se questi bisogni, come i bisogni bioenergetici di base, vengono ignorati o non sufficientemente soddisfatti, il bambino rimane inconsciamente fissato ad essi per tutta la vita, cominciando a sviluppare patologie caratteriali, aumentando la popolazione mondiale del DSM V.

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Per la Self-Analisi Bioenergetica, è prioritario lavorare sui difetti dell’Emerging Self, esplorando le potenzialità innate e le intenzionalità primarie, che animano la vita e la relazione “being with”, senza le quali non si entra in conflitto.
Il paziente con deficit del Self si difende o sviluppa resistenze nei confronti del transfert conflittuale, perché non è proprio quello di cui ha bisogno, perché ai traumi pre-oggettuali passivi si aggiungerebbero anche quelli attuali oggettuali.
Dopo una prima fase di terapia, più o meno lunga, che deve essere incentrata sull’analisi della resistenza, se e quando il paziente percepisce empaticamente che il terapeuta può lasciarsi toccare dentro dai bisogni infantili ai quali è rimasto fissato per averne fatta l’esperienza corporea, il deficit del Self può emergere attivando il transfert e il controtransfert conflittuale, che prendono il posto di quelli oggettuali. In entrambi i setting (oggettuali e pre-oggettuali), il doppio setting libera il desiderio genuino e il bisogno autentico di relazione, che acquisiscono così un’espressione simbolica adeguata.
L’abreazione bioenergetica libera il desiderio di fare nuove esperienze che riempiono il vuoto di quelle non fatte o fatte in maniera patologica o traumatica. Ciò consente di cogliere l’ineffabile del corporeo, del preverbale, del presimbolico e del preoggettuale mediante il doppio setting.
Questa innovazione somatopsichica del setting Self-analitico trova conferma in Freud, che aveva preconizzato la dimensione dell’Ausdruck, intesa come l’insieme di esperienze corporee e come stato aurorale nascente di ogni affetto ed emozione che incorpora in sé la nascente funzione cognitiva del proto-Sé, che è l’Emerging Self.
L’Ausdruck freudiana agisce a monte di ogni esperienza, come organizzatore di nuove esperienze in continua evoluzione, ma capitalizzando anche esperienze fondanti e significative esperite nel proprio corpo.
Il doppio setting, proprio perché corporeo, è la chiave per entrare nelle relazioni primarie disfunzionali o deficitari, per riattivare e rivitalizzare nell’adulto nuove relazioni più funzionali.
Il setting pre-oggettuale affermativo sviluppa la sensazione di esistere, la reciprocità, la relazionalità affettiva e oggettuale e l’integrazione coerente tra emozioni e cognizioni. Importanti ricerche condotte da autori di riferimento, ci hanno convinti sulla necessità del doppio setting: a partire dagli studi di Kohut sul Self, che egli concepisce come costellazione psichica che influenza la dinamica del comportamento, spostando la psicologia del profondo dall’Io al Sé.
Ci riferiamo anche alle ricerche di Bowlby, della Ainsworth e della Main sull’attaccamento, come anche a quelle della Mahler sul processo di individuazione-separazione, fino ai contributi fondamentali di Daniel Stern sullo sviluppo del Sé con l’altro (being with) e sulla costellazione materna. E ancora Ed Tronick con i suoi studi sulla co-regolazione e co-costruzione degli affetti, Otto Kernberg sul precoce sviluppo rappresentazionale e sui disturbi di personalità e infine il basilare lavoro di Peter Fonagy sulla trasmissione transgenerazionale dei modelli d’attaccamento, sulla regolazione affettiva e sul processo di mentalizzazione (funzione riflessiva).
Nonostante le differenze, molti di questi autori descrivono in maniera simile le comuni fondamenta del Self, come attaccamento estremamente precoce che si esprime nella relazionalità preoggettuale regolata dalla sintonizzazione empatica corporea, vero e proprio organizzatore della diade madre-bambino. Tale relazionalità poi persiste nel corso di tutta la vita come capacità di sfondo in ogni comunicazione interpersonale, ma anche carente come difetto strutturale del Self nei disturbi di personalità.

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Infatti Tronick sostiene che gli esseri umani ricerchino il contatto emozionale nell’intersoggettività a partire dalla relazione diadica bambino-caregiver mediante le funzioni dell’Emerging Self (origine della prosocialità). Ne consegue che i processi corporei alla base della memoria sensoriale delle relazioni e delle emozioni (memoria implicita) sono responsabili degli stati affettivi che, se sono disadattivi per le relazioni sociali, richiedono una terapia corporea.
Come ha scritto Gaddini, che è stato Presidente della Società italiana di Psicoanalisi, la relazionalità pre-oggettuale, in quanto basata sul bisogno di contatto corporeo, di sicurezza, di fiducia e di piacere relazionale, precede la relazione con l’oggetto e persiste nella vita adulta come organizzatore somatopsichico dell’esperienza di sé, indispensabile per lo sviluppo dell’identità, delle funzioni cognitive, emotive e relazionali. In sintesi i bisogni di contatto corporeo, di sicurezza, di fiducia e di piacere relazionale, costituiscono i precursori della strutturazione del Self, in quanto bisogni di base inalienabili.
Sempre Gaddini conclude che lo sviluppo della mente è un processo che va nella direzione dal corpo alla mente (somatopsichico) e cioè una graduale acquisizione del Sé corporeo a costituire la prima organizzazione del Sé.
Il modello scientifico della SMIAB è sintonizzato sulla definizione del Self di Stern, come esperienza soggettiva in continua evoluzione, che si organizza in relazione all’altro fino a diventare una forma di organizzazione coerente, uno schema stabile di consapevolezza finalizzato all’attuazione delle proprie potenzialità innate.
Il modello scientifico della SMIAB fa soprattutto riferimento agli studi di James Masterson, che abbiamo personalmente conosciuto a New York, il quale parla di potenziale innato (Emerging Self) dotato di intenzionalità tesa all’esperienza e alla conoscenza che, avvalendosi dell’esperienza della propria soggettività ed unitarietà dei vissuti, conserva la continuità della realtà psichica e corporea come identità distinguibile da tutte le persone, consentendo l’individualità unica e irripetibile nella diversità e cioè nella socialità che permette le esperienze con gli altri.
Il protendersi verso le relazioni umane aumenta l’autostima, che costituisce il motore dell’autoaffermazione, dell’iniziativa e della mastery. Nel lavoro bioenergetico con la complessità del Self, non si può ignorare che ciascuna persona pur nella sua unicità, è di fatto un complesso mosaico di caratteristiche in costante arricchimento mediante il Sé neuronale sinaptico.
Il linguaggio primario sensomotorio del corpo (preverbale e presimbolico) attualizza la fase di transizione dalla sensazione alla percezione, sfuggendo all’associazione verbale ed alla comunicazione simbolica, esprimendo le funzioni del Self attraverso quattro sistemi:

Emozionale: le emozioni che curano per via psicofisiologica (come la paura, la rabbia, l’aggressività, l’amore, la tenerezza, la gioia di vivere, la serenità e l’umorismo), sono il ponte relazionale tra l’universo intrapsichico e quello interpersonale e si esprimono con il movimento.
Movimento espressivo: comprende la postura, il tono muscolare, la mobilità, la staticità, la forza, la rigidità versus fragilità e il grounding come radicamentonel Real Self e nel Moral Self.
Il Sé Fisiologico-Evolutivo: comprende il sistema neurovegetativo, il sistema neuropsicoendocrino e immunitario e quindi anche il respiro, la pulsazione del respiro e il tono della voce che trasmettono i sentimenti e gli affetti più segreti che sfuggono alla consapevolezza personale.
Sè Cognitivo-Simbolico: è composto da immaginazione, consapevolezza, personalità, controllo e meccanismi di difesa dell’Io.

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La  Self-Analisi Bioenergetica (SAB) coinvolge olisticamente e all’unisono tutte le funzioni del Self, recuperando l’unità funzionale fra il mentale e il corporeo, tra tesi e antitesi.
I sintomi che compaiono durante la terapia sono tentativi di ritornare a meccanismi funzionali sani del Sé raccontando la storia dei blocchi di tali meccanismi. Il lavoro inconscio del transfert e controtransfert agisce a livello delle funzioni inconsce psicobiologiche del Self, responsabili sia della fisiopatologia che dell’autoregolazione e dell’autoguarigione (vis medicatrix naturae) agenti sotto le resistenze.
Un buon analista bioenergetico dovrebbe allenare il paziente a percepirsi per capirsi e poi ricostruirsi onde migliorare e divenire arbitro del proprio destino evolutivo.

“La consapevolezza della crescita personale è l’essenza stessa della felicità” (Alexander Lowen)

La SAB considera il corpo come categoria diagnostica e dimensione terapeutica relazionale e fa riferimento agli stadi primitivi della psiche e cioè al proto-mentale (Emerging Self o proto-Sé). Il proto-mentale è l’esperienza corporea soggettiva (Self Subject) in relazione all’altro introiettato come Self Object del neonato nel periodo che va dalla nascita alla comparsa del pensiero simbolico. Tale esperienza corporea è un continuum e non a tappe come invece sono descritti gli stadi dello sviluppo freudiano. Lo sviluppo della personalità inizia in senso somatopsichico dal corpo alla mente e il Sé Nucleare rappresenta l’evoluzione del Proto-Sé (Siegel).
Il Vero Sé (Real Self) può secondo Winnicott, svilupparsi solo in presenza di un altro essere empatico e non intrusivo che non interrompa nel bambino la continuità dell’esperienza di sé (going on being).
L’evoluzione naturale del Real Self si verifica quando il caregiver non invade il bambino in maniera non necessaria, sostituendo le proprie aspettative e bisogni a quelli del bambino e limitandone e direzionandone i gesti creativi (Fonagy).
Il corpo è il campo della relazione intersoggettiva che sviluppa la capacità di leggere gli stati mentali altrui (Fonagy) per potercisi poi sintonizzare o no (Stern).
Il corpo in psicoterapia, si è rivelato fonte di esperienze emozionali riparatrici, come i “now moment”.
Wilhelm Reich studiò la struttura del carattere in termini di blocchi emozionali ed affettivi, leggibili nelle tensioni muscolo-caratteriali che costituiscono le difese psico-corporee e le conseguenti resistenze alla terapia (corazza muscolo-caratteriale). Reich, nell’analisi del carattere, definisce il carattere come il sistemo difensivo dall’angoscia. Quando il carattere da sistema di protezione si trasforma in armatura o corazza, allora si ha una alterazione cronica dell’Io che, inevitabilmente, comporta una limitazione delle potenzialità innate di tutta la persona.
Lo psichiatra Alexander Lowen, fondando l’Analisi Bioenergetica, ha messo a fuoco lo psichismo del corpo, che in termini attuali, possiamo identificare con il Sé corporeo e relazionale.
La bioenergetica si basa sulla proposizione che il corpo sia un’entità imprescindibile della mente e si propone l’obiettivo di aiutare la persona a riconquistare la propria natura primaria senso-motoria che per Lowen è la condizione di libertà, di grazia, di bellezza e di salute. Secondo Lowen piacere e creatività sono intimamente connesse e vivere creativamente è possibile per chi ha le proprie radici negli stati profondi della propria personalità e cioè nella fonte inesauribile delle sensazioni e delle emozioni corporee.
Il linguaggio del corpo, cioè il proto-mentale, costituisce la via privilegiata di accesso ai bisogni primari e quindi ai diritti fondamentali della vita, spesso incongruenti con il linguaggio verbale che, a volte, esprime un linguaggio difensivo ed inautentico.
Conscio e inconscio funzionano contemporaneamente, come se fossero un’unica funzione binoculare. L’inconscio (proto-mentale) è quasi sempre un insieme di processi traumatici e di difetti del Self (traumi passivi) depositati nella memoria implicita come le rappresentazioni preverbali e presimboliche operanti nel transfert e non sarebbe rappresentabile o mentalizzabile senza il linguaggio del corpo. L’inconscio presimbolico, mediante le espressioni corporee della vita emotivo-affettiva, consente la riattualizzazione di esperienza corporee dell’inizio della vita, pur se non se ne conserva più il ricordo. Il proto-mentale quindi, oltre ad essere un ponte tra passato e presente, emerge nei vissuti emozionali come espressione del Sé proiettato nel futuro.
La SAB tende ad integrare la memoria implicita e quella esplicita attraverso il lavoro di mentalizzazione e interpretazione del transfert corporeo. Gli psicoanalisti del Self ricercano nelle relazioni primarie la strutturazione degli affetti che caratterizzeranno la personalità adulta.
L’apprendimento precoce degli affetti mediante la comunicazione corporea non verbale tra il neonato e i caregivers costituisce la prima struttura della mente.
Il linguaggio del corpo è subliminale e le immagini subliminali sono intense, perché sfuggono al controllo cosciente e alla critica, inducendo reazioni di simpatia, antipatia, paura, diffidenza, curiosità e tutti i desideri di affetti non giustificabili dalle parole come tracce del passato vissuto nel corpo.
Il corpo è la biblioteca personale dove è depositata la memoria della propria storia evolutiva relazionale. Le tracce mnestiche della memoria corporea ancorché subliminali, le possiamo leggere nel tono muscolare della postura, nei movimenti espressivi, nel respiro, nel contatto oculare e possono rivelare vecchie paure, rabbia, vergogna, stati d’animo di sconfitta, frustrazione, rassegnazione, ansia, inadeguatezza e dolori di vecchie ferite abbandoniche.
La memoria implicita del linguaggio del corpo rende emotivamente attuali nell’hic et nunc della relazione che cura, vissuti incistati nell’illic e tunc modificandoli mediante tecniche di disorganizzazione e riorganizzazione dei blocchi emozionali presenti nel corpo (rendere egodistonico ciò che era egosintonico). Infatti per arrivare all’illic e tunc e cioè all’origine di deficit del Self, è necessario arrivare alla memoria sensoriale delle primissime relazioni corporee ed alle relative proto-rappresentazioni.
L’”essere con…” nella relazione corporea primaria, sviluppa affetti al di là della coscienza del soggetto, esprimibili con il linguaggio corporeo (espressioni facciali, tono della voce, gesti, emozioni espresse o non espresse con gli occhi e con la bocca, con la postura, con il respiro e con diversi ritmi della parola, ecc.). Perché diventi terapeutica, l’esperienza emotiva deve essere affettivamente compresa.

La SAB pone l’emozione e gli affetti, cioè il proto-mentale, a fondamento del processo terapeutico, in un percorso di conoscenza e di comprensione di sé, dell’altro e della relazione (mentalizzazione) e comprende due fasi: empatica ed interpretativa. La fase empatica si svolge a livello proto-mentale bioenergetico ed è solo nella successiva fase interpretativa che il vissuto diviene verbalizzabile. Le due fasi non sono nettamente separate, ma costituiscono un continuum per cui i primi abbozzi della funzione interpretativa compaiono già nella fase empatica mediante la mentalizzazione delle esperienze emotivo-affettive. L’empatia prosegue anche nella fase interpretativa.
L’esperienza corporea mediata dal principio del piacere è un processo fisiologico sul versante somatico, mentre sul versante psichico avviene contemporaneamente anche l’esperienza proto-mentale mediante gli affetti correlati all’oggetto buono (amore) e all’oggetto cattivo (odio); questa esperienza proto-mentale è un processo psichico sul versante mentale. Poiché sia l’oggetto buono che quello cattivo sono entrambi sostenuti da sensazioni somatiche piacevoli o spiacevoli, si evince che i due processi, quello fisiologico e quello psichico si svolgono contemporaneamente. Il proto-mentale si compone di una parte inconscia non rappresentabile legata alle emozioni primarie (proto Sé corporeo), che si avvale della memoria implicita e di una parte cosciente (Sé nucleare) costituita da mappe neurali che diventano rappresentazioni mentali non verbali dell’incontro tra l’oggetto esterno e il proto Sé (Damasio).
La mentalizzazione o funzione riflessiva è la comprensione della mente altrui che si innesca sulle esperienze dell’attaccamento (Fonagy); tutto lo sviluppo dipende dalla interazione del bambino con menti più maturi e consapevoli: così dovrebbe essere anche la relazione tra paziente e terapeuta.
Ogni patologia ha un diverso livello di mentalizzazione che richiese un’esperienza bioenergetica personale tale da consentire una capacità simbolica per entrare e uscire dal mondo rappresentazionale, capacità tesa ad ottimizzare le relazioni intersoggettive. Pertanto la SAB è una psicoterapia basato sull’intersoggettività.
Si parte da un’alleanza terapeutica, all’inizio scarsa o talvolta assente, per giungere ad un’alleanza terapeutica condivisa attraverso le fasi empatica ed interpretativa, che richiede esperienza e professionalità.
La fase empatica crea uno spazio transizionale e intersoggettivo tra il corpo espressivo del terapeuta e quello del paziente. Così si può costruire una relazione che propone una nuova base affettiva di attaccamento attraverso la distanza ottimale, l’affidabilità, l’autenticità e l’apertura alla condivisione e la costanza dell’oggetto.

E’ possibile cogliere il non verbale corporeo, spesso mescolato e confuso nel verbale, e ciò consente, attraverso la modalità empatica di rispecchiamento affettivo, di farsi carico delle proiezioni del soggetto, recepirle e restituirle con modificazioni accettabili tali da poter permettere il mantenimento del legame empatico. In questa restituzione, il materiale proiettato va depurato dagli aspetti distruttivi.

La fase empatica consente un’esperienza emozionale e correttiva mediante la riattualizzazione del proto-mentale embodied nella memoria implicita. La funzione riflessiva opera la sintesi fra emozioni e affetti del proto-mentale impressi sia nella memoria implicita che in quella esplicita.
Il learning by experience, operando l’integrazione mente-corpo-relazione intersoggettiva, mantiene la stabilità del proto-mentale e lo fa evolvere. Apprendere dall’esperienza significa percepire il passaggio dal sensoriale al pensiero, cioè dal corpo alla mente. Vuol dire entrare in contatto con i processo somatopsichici di sviluppo, come era stato intuito da filosofi del calibro di Leibnitz e Berkeley, che hanno detto “nihil est in intellectu quoad non fuerit prius in sensu”.
La mente non può contenere un oggetto concreto come il corpo senza prima trasformarlo in simbolo mediante astrazione. Pertanto la soggettività dell’esperienza corporea viene trasformata nella mente, che attribuisce al corpo-oggetto solo un’idea astratta della soggettività del corpo vivente. Questa astrazione viene chiamata “processo di desomatizzazione”, cioè dal sensoriale all’emozionale, per cui il corpo viene relegato nel pensiero producendo l’eclissi del corpo che in età adulta potrà dare luogo ad una risomatizzazione (conversione simbolica) e cioè dal pensiero all’emozione, fino al sintomo (medicina psicosomatica).

Quando le fasi di sviluppo somatopsichico non si sono realizzate nel momento in cui erano necessarie, si producono deficit del Self alla base dei disturbi di personalità, perché l’esperienza corporea non fatta bypasserà il corpo e verrà mentalizzata come se fosse una sensazione somaticamente vissuta invece che solo pensata.
Gli oggetti scissi e i difetti del Self non possono essere desomatizzati per via somatopsichica, e quindi persistono come presenza non simbolizzabile, eclissata nel mondo oscuro dell’inconscio proto-mentale.
L’identità e l’unicità dell’individuo tende al superamento dell’antitesi tra l’essere mente ed essere corpo, tra sentire e sapere.

Il cuore del modello della SAB ha una triplice espressione: corpo mente e relazione.

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Cioè una relazione empatica che determina e facilita le tappe evolutive dell’essere umano dalla sensazione alla percezione sensomotoria, attraverso l’esperienza del corpo, le emozioni, fino al pensiero e al linguaggio, perché come affermano Fairbairn, Guntrip e Winnicott, la persona è un sé solo all’interno di relazioni significative. Quando la madre non è capace di “being with”, non è capace di sintonizzazione empatica con i bisogni di sviluppo somatopsichico del bambino e ciò fa sì che le grandi potenzialità dell’Emerging Self vadano in buona parte perdute, per cui il bambino perde quote evolutive di sè stesso.
La relazione terapeutica, per essere profondamente efficace, deve potere far cessare l’eclissi del corpo vivente, lavorando prioritariamente sui difetti dell’Emerging Self, risvegliando i bisogni primari di contatto corporeo, di fiducia di base e di sicurezza.

Senza il corporeo è praticamente impossibile riavviare il processo somatopsichico che ha determinato il deficit del Self e far riprendere il cammino verso la simbolizzazione per creare mentalmente l’oggetto assente.

Il corpo fin dalla nascita, utilizza i processi primari che seguitano ad essere attivi durante tutta la vita, comparendo prevalentemente nei sogni. La mente invece utilizza prevalentemente i processi secondari.
Nella stessa seduta è necessario che il Self-analista bioenergetico, abbia una competenza del doppio setting, perché il passaggio da uno all’altro va riconosciuto prima nel proprio controtransfert, per poter incoraggiare il transfert pre-oggettuale del paziente. Pertanto il transfert è uno spostamento (proiezione) sul terapeuta dei deficit e dei conflitti vissuti dal paziente nell’infanzia ed esprime l’ambivalenza verso i genitori.

Il transfert è inizialmente positivo, ma prima o poi può divenire ostile e negativo. Il transfert negativo, ma anche l’intensità e la perseveranza del transfert positivo, possono essere la manifestazione di una resistenza alla terapia. La resistenza dal prendere coscienza di un passato abortito e dimenticato. Otto Kernberg, Wilhelm Reich e Alexander Lowen insistono sull’importanza dell’analisi precoce del transfert negativo, manifesto e latente sulle relative resistenze. L’analisi precoce del transfert negativo delle resistenze consente di attenuare le scissioni e le distorsioni implicite nell’Io e nel Super-Io.

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Il controtransfert vissuto a livello emozionale e corporeo costituisce il principale fattore per la diagnosi nel processo terapeutico. In quanto si tratta di una reazione di sentimenti inconsci del terapeuta alle proiezioni inconsce transferali del paziente. Le proiezione del paziente non avvengono nel vuoto, ma in parti inconsce somiglianti del terapeuta, mediante identificazione proiettiva.

In questa prospettiva il controtransfert è un insieme di proiezioni del terapeuta sul paziente in risposta alle proiezioni del paziente sul terapeuta. Senza una consapevolezza del controtransfert ed una corretta interpretazione degli affetti (amore e odio) coinvolti nella relazioni, le resistenze, i sentimenti, i conflitti inconsci ed i deficit del terapeuta potrebbero essere proiettati sul paziente, generando confusioni, collusioni e illusioni, fino a costituire un ostacolo al proseguimento della terapia.
Anche il controtransfert può essere come il transfert, positivo o negativo. Esempi di controtransfert positivo sono: ipertolleranza, compassione, permessivismo, eccesso di generosità, innamoramento ecc. Esempi di controtransfert negativo sono: indifferenza, distanza ed evitamento razionalizzati come neutralità, scissione e identificazione proiettiva, intrusione nella relazione di desideri e bisogni del terapeuta che possono essere attivati dal transfert.

Il lavoro terapeutico, per quanto intenso e prolungato, non ha il potere di rimuovere il dolore interpersonale dalla vita del paziente. Ma la consapevolezza della durezza del vivere unita ad un’autentica condivisione da parte dell’analista può fare molto per alleviare le esperienze emotive più dolorose e consentire di tollerare meglio gli oggetti d’amore più inquietanti e disfunzionali.

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Il training di formazione allena a tollerare e a stare con i bisogni primari e con quelli di regressione del paziente, senza trincerarsi nella neutralità del controtransfert ad ogni tentativo del paziente di attaccare e distruggere il setting; cruciale in questi casi è individuare i motivi inconsci di tali attacchi.
L’analisi del controtransfert emozionale e corporeo è finalizzata a trasformare in risorse gli ostacoli dei due inconsci coinvolti nella relazione. Infatti lo scopo della terapia è rivitalizzare le parti creative rimosse dal presente condividendole a livello verbale, corporeo, emozionale ed affettivo. Essendo il controtransfert come il transfert, inalienabili e indispensabili strumenti di conoscenza e di partecipazione alla relazione che cura, è fondamentale la loro consapevolezza e la loro mastery gestionale, perché siano una miniera d’oro per l’inconscio corporeo del paziente e del terapeuta.
Quasi sempre l’inconscio è un insieme di processi traumatici e di difetti del Self (traumi passivi) depositati nella memoria implicita, come rappresentazioni preverbali e presimboliche operanti nel transfert. A partire dalle primissime esperienze sensomotorie (gustative, olfattive, cinestetiche) del proto-Sé e dei primissimi affetti (buono/cattivo, amore/odio, sicurezza/insicurezza, paura/rabbia) depositate nella memoria implicita, maturano le relazioni del neonato con l’ambiente, sviluppando la memoria esplicita di tutte le esperienze esplicite.

La memoria esplicita forma l’inconscio rimosso della psicoanalisi, mentre la memoria implicita non ha rimosso in quanto è unthinkable e unspeakable (inconscio non rimosso o proto-mentale).
Le due memorie, implicita ed esplicita, si integrano in una continua rielaborazione delle tracce mnestiche, a costituire immagini, rappresentazioni, fantasie, ricordi, pensieri, sentimenti, motivazioni, affetti e oggetti interni.

La SAB, pone l’accento sull’importanza di favorire il passaggio dal Sè intrapsichico al Sè relazionale, mirando a conseguire un continuum tra queste due polarità del Sè.
Daniel Stern, definisce la conoscenza implicita come non verbale e pre-simbolica, come inconscio non verbalizzabile mediante una narrazione cosciente. La conoscenza esplicita invece è simbolica e quindi espressa verbalmente e suscettibile di una narrazione cosciente. Il linguaggio verbale si accompagna sempre al linguaggio non verbale, corporeo, prevalentemente implicito, protomentale e fuori della percezione della coscienza. Solo quando il linguaggio implicito del corpo diviene cosciente avviene il viraggio della memoria implicita alla memoria esplicita.
Esplicitare il non detto è il lavoro più importante della Self-analisi Bioenergetica.
Lo strumento terapeutico della conoscenza implicita è la sintonizzazione empatica (empatic attunement) che resetta la comunicazione sul registro corporeo implicito, realizzando quel magico “momento ora” ( il “now moment” di Daniel Stern) che è la presa di coscienza dell’implicito nel momento presente e che costituisce, quindi, il “momento del cambiamento” mediante i momenti d’incontro.
Una buona SAB deve ricercare e permettere con continui “now moments” la co-costruzione e la co-regolazione degli affetti (Tronick).
La SAB, ha come fine far prendere coscienza al paziente delle emozioni e dei vissuti stratificati nella memoria implicita. Questa presa di coscienza è possibile mediante il viraggio dalla memoria implicita in memoria esplicita, privilegiando il linguaggio del corpo e il body attunement (sintonizzazione empatica corporea), poichè la relazione primaria e fondamentale per ciascun essere umano, e cioè la relazione con la madre o con un caregiver significativo, è essenzialmente corporea, non-verbale e quindi implicita. Una tale relazione implicita, corporea e non verbale si stabilisca anche tra terapeuta e paziente e viene ricercata mediante il body empatic attunement.

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L’empatic attunement, non va dimenticato, è secondo Stern l’esperienza di sentirsi connessi, del sentirsi in sintonia, esperienza che permette ad un essere umano di stare insieme ad un altro nel senso di anticipare gli stati mentali dell’altro, di percepire la partecipazione dell’altro alla propria esperienza affettiva e di condividere esperienze interiori.
Attunement e misattunement, vere e proprie percezioni subliminali si manifestano con sensazioni viscerali e tonalità dell’umore ed affetti primari. Nella terapia la capacità di evitare di fare interpretazioni proiettive induce attunement invece di misattunement.
Il lavoro self-analitico bioenergetico, se ben fatto, consente il passaggio dall’attaccamento alla relazione affettiva e dall’emozione al sentimento e, soprattutto, il passaggio dalla eteroregolazione sul terapeuta alla co-regolazione ed infine all’autoregolazione.
Fino a quando la funzione riflessiva non è matura le relazioni affettive sono parzialmente simbolizzate, per cui l’attaccamento necessita dell’ indispensabile figura di accudimento, affinchè la sicurezza emotiva sia garantita.
Ciò però comporta il rischio che l’analisi diventi interminabile.
Per evitare questo stallo terapeutico è importante sviluppare la fiducia del paziente nella costanza e nella disponibilità del terapeuta (Winnicott), per passare dal bisogno della sua presenza fisica sine qua non (una o due volte alla settimana) all’attivazione della funzione riflessiva, che consente l’introiezione del terapeuta come oggetto costante (l’altro c’è anche quando è assente) e poi all’autonomia del paziente nella vita di tutti i giorni.
Tutti i processi cognitivi avvengono mediante processi affettivi e si basano su tre elementi: consapevolezza dell’esperienza del corpo, apprendimento attraverso l’esperienza corporea (learning by experience) e memoria del linguaggio del corpo.
In ultima analisi la percezione è alla base dei processi cognitivi che danno luogo all’intelligenza, al linguaggio e al pensiero, motivando la sessualità e tutta la gamma di emozioni che costituiscono la più vasta area degli affetti.
La nascita della psiche alla fine del primo anno di vita, avviene mediante l’inizio della simbolopoiesi e mediante il processo somatopsichico dal corpo alla mente.
La SAB è un approccio interpersonale che comporta una percezione di un Sè in evoluzione, in movimento, in cambiamento, in adattamento dinamico per fare sempre nuove esperienze. La relazione dialettica tra il Sè e l’Altro da sè attiene non solo alle relazioni passate ma anche a quelle presenti, mediante processi di introiezione e proiezione, che sono le due fasi, rispettivamente, anabolica e catabolica, del metabolismo della mente.
Nel linguaggio del corpo, il “far stare il paziente sui suoi piedi” (grounding) è un modo privilegiato di riportare il paziente dentro la sua realtà. Senza la realtà del corpo il paziente sarebbe facile vittima di illusioni e andrebbe incontro ad inevitabili delusioni.
Il Sè relazionale nell’attribuire in terapia, nuovi significati, seleziona ed organizza l’esperienza soggettiva mente-corpo-relazione.

Il Sè relazionale è flessibile e discontinuo, per adattarsi ai diversi aspetti dei Sè altrui nei più svariati contesti e fare sempre nuove esperienze relazionali. Questo personale senso di Sè è molto più facile da sentire che da descrivere.
La terapia aiuta il paziente ad arricchire ed integrare le proprie esperienze, specie quelle corporee, che più di tutte contribuiscono a far percepire le relazioni terapeutiche trasformative del Sè difettuale.
I fattori curativi operanti nella nostra psicoterapia sono: insight, come preliminare dell’interpretazione; transfert, come attaccamento affettivo al terapeuta; integrazione mente e corpo; superamento delle resistenze; consapevolezza e comprensione cognitiva nel rendere conscio il materiale inconscio; introiezione di alcune componenti del Self del terapeuta, da parte del paziente, come effetto del transfert positivo; setting ; “relazione che cura”, come esperienza ristrutturante e integrante; rispecchiamento empatico come funzione riflessiva (Fonagy) che aiuta il paziente a rendersi conto delle conseguenze dei propri comportamenti nevrotici e autodistruttivi; emozioni che curano per via corporea, cioè psicofisiologica.
Nei Disturbi di Personalità allorquando i deficit del Self sono prevalenti sulla patologia conflittuale è importante rievocare a livello protomentale ( corporeo) le mancate esperienze evolutive cruciali. Solo così il Self danneggiato da deficit potrà essere riparato dall’attivazione dell’esperienza evolutiva mancata o deficitaria.
Per la SAB ogni Disturbo di Personalità richiede riorganizzazioni della personalità attraverso l’esperienza del cambiamento. Ma ogni cambiamento, comporta una disorganizzazione dell’organizzazione patologica precedente, e ciò può indurre paura di perdita della precedente personalità difensiva, necessaria per una maggiore individuazione di Sè.
Sia l’insegnamento socratico “conosci te stesso”, che quello di Jean Jacques Rousseau che dice “Se è la ragione che fa l’uomo è il sentimento che lo guida”, consentono l’introspezione della coscienza attraverso se stessa. Tali insegnamenti pur rimanendo ancora validi hanno trovato una forte limitazione con la scoperta dell’inconscio. L’analisi corporea della relazione apre una via privilegiata e diretta di accesso all’inconscio, consentendogli di emergere a livello della coscienza, attraverso le espressioni corporee, affettive ed emozionali, oltre a quelle verbali che a volte, possono essere difensive.
Il Self-analista Bioenergetico può leggere il paziente sia attraverso le parole e i silenzi, sia attraverso gli atteggiamenti e le espressioni del corpo. Questa maieutica corporea, che si consegue mediante esercizi bioenergetici ben adattati al caso clinico ed all’espressione prevalente di quella particolare seduta, può fare liberare oltre i pensieri, anche una parte più profonda ed inespressa e cioè quei sentimenti e quelle emozioni primarie (quali il pianto, la rabbia, il disgusto, l’imbarazzo, il bisogno di attaccamento, il rispecchiamento e il riconoscimento ecc.) che il paziente ha dentro di sè, spesso senza saperlo.
La SAB può far emergere la differenza sostanziale tra il pensare e il sentire: spesso un paziente “conosce” molto bene il suo problema, perchè può pensarlo ad un livello razionale, ma non riesce a “sentire” le emozioni che lo hanno generato e, non potendole sentire (perchè sono imprigionate nel corpo), non le può utilizzare ai fini del cambiamento.
Con tecniche e strategie bioenergetiche semplici ed appropriate, si può arrivare a toccare la profondità e l’intensità emozionale dei vissuti e della memoria implicita del corpo. La libera espressione del corpo vivente, se incoraggiata nella sua spontaneità, può bypassare, il più possibile, la censura del Super-Io, esprimendo l’inconscio più direttamente e meglio del linguaggio verbale che invece rivela l’inconscio solo indirettamente.
La profondità e l’intensità dei vissuti e della memoria implicita si raggiungono facendo emergere bioenergeticamente la relazione vissuta dal paziente da bambino, con i propri genitori, quando la relazione era basata completamente su un amore e/o su un odio oceanici, e cioè vissuti visceralmente con tutto il cuore e quindi con tutto il corpo. E’ importante rivivere l’intensità e la profondità di queste relazioni primarie, perchè il solo risveglio di ricordi verbalizzabili e verbalizzati, spesso astratti, anche se innesca reazioni emozionali, non ha l’autenticità della memoria inscritta nel corpo.
Il corpo non mente nel farci rivivere sentimenti, sensazioni, bisogni e desideri proprio nel modo in cui questi hanno segnato il Sè relazionale. Il linguaggio corporeo è universalmente comprensibile al di là del linguaggio parlato che spesso può rivelarsi una vera Torre di Babele (il linguaggio è nato per unire e far comunicare ma molto spesso divide).
Il corpo esprime sentimenti, desideri, bisogni, emozioni attraverso la mimica, la postura, la voce, la respirazione, lo sguardo, il contatto, il ritmo, l’atto o il non atto, il tono affettivo e il modo in cui utilizza gli oggetti.
Il corpo vivente è energia vitale ed esprime la coscienza dell’inconscio.
Il bambino prima e il paziente adulto poi, sente che c’è un altro che può stare con le sue sensazioni, emozioni sia positive che negative, che può stare e soddisfare i suoi bisogni, sente che il suo stato d’animo SI RIFLETTA in quello di un altro, sente di avere UNO SPAZIO nella mente e nel cuore del caregiver e rispettivamente del terapeuta.
Ciò comporta poter sperimentare un senso di connessione, di comunicazione e corrispondenza con l’altro, una co-regolazione (alternanza di momenti di sintonia, di vicinanza e di allontanamento) e una co-costruzione degli stati affettivi perchè i processi di autoregolazione e regolazione interattiva si influenzano reciprocamente.

coregolazione

Un misattunement fra madre e bambino, cioè una carente o distorta sintonizzazione empatica corporea, fa sì che l’esperienza corporea inconscia rimanga fuori della coscienza, e comporti per sempre un deficit di quella che Fonagy chiama la funzione riflessiva, che è quella funzione evolutiva che permette al bambino di rispondere non solo al comportamento degli altri, ma anche alla sua concezione dei loro sentimenti, aspettative, progetti, credenze, speranze ecc. La funzione riflessiva o mentalizzazione, permette al bambino di “leggere” la mente dei caregivers (come dovrebbe succedere tra il paziente e il terapeuta), rendendo il loro comportamento significativo e prevedibile e si sviluppa solo se il bambino sperimenta i suoi stati mentali riflessi (mirroring) nella mente, nel corpo, nei sentimenti e nel comportamento dei suoi caregivers.
Anche in terapia un misattunement può fare perdere il non verbale non altrimenti verbalizzabile. L’attunement aumenta la fiducia di base nella terapia ed il terapeuta può vedere meglio dove nella memoria implicita del paziente si è generata una patologia o un Disturbo di Personalità. L’empatia corporea aumenta anche l’intuizione del paziente e la sua spontaneità. L’attunement si impara attraverso l’esperienza di empatia corporea e di ascolto profondo.
La relazione terapeutica della SAB è una relazione interpersonale psico-corporea in cui il transfert ed il controtransfert corporeo vengono impiegati per conseguire lo scopo terapeutico, che è quello di riattivare il sistema relazionale, che è latente nel paziente, ma anche riattivando le vicissitudini dell’attaccamento e del processo di separazione-individuazione, le identificazioni proiettive, le modalità di contatto e di relazione adulte.
Partendo dall’assunto di base che il corpo è vita ed evoluzione, la SAB lavora essenzialmente con il controtransfert corporeo oltre che con le emozioni corporee del transfert. Ne consegue che il Self-analista Bioenergetico, si lascia coinvolgere e toccare dentro nella relazione tanto che il controtransfert diviene il principale strumento di conoscenza e come tale in grado di innescare relazioni trasformative che curano.
L’approccio corporeo pone il terapeuta nella posizione di essere un punto di riferimento affidabile e vitale, perchè ben conosce bios e cioè il corpo vitale e la sua energia, relazionandosi con i quali, il paziente può accedere alle parti più sofferenti o deficitarie del Self, trasformandole e persino usandole come risorse che, nell’attivare nuovi stili di relazione con il mondo, rendono il paziente stesso persona completa, unica ed irripetibile. I vissuti energetici ed emotivi acquistano così nuove modalità corporee di espressione.
Se il terapeuta si pone come presenza viva con il suo corpo vivente, certamente non si pone nella relazione solamente come rappresentante del sapere psicoterapeutico, ed allora anche il paziente non si porrà solo come depositario di sofferenza, ma parteciperà all’entrare nel mistero ineffabile delle emozioni che non hanno parole per essere dette, ma possono esprimersi solo attraverso il corpo e la sua energia, fino a quel momento, inespressa.
Quando il corpo vivente del paziente entra in sintonizzazione empatica con quello del terapeuta si può aprire alla ricerca del nuovo e dell’ignoto, fin dove è consentito percorrere insieme gli spazi insondati della complessità e comorbilità della psicopatologia e dei Disturbi di Personalità. A questa presa di coscienza partecipa anche l’Io che, secondo Freud, è innanzitutto un Io Corporeo.
E’ importante che nell’elaborazione del transfert il terapeuta passi dalla posizione di persona idealizzata a quella di persona reale all’interno della relazione terapeutica.
La “relazione che cura” risulta essere, secondo il nostro modello, una vera e propria relazione particolare di attaccamento (transfert) tra paziente e terapeuta, che si instaura perchè il terapeuta è capace di porsi come una “base sicura” che consenta al paziente di sviluppare tutte le potenzialità della sua energia vitale .
Noi usiamo indifferentemente i termini di transfert e di attaccamento perchè, come dice lo stesso Bowlby “l’attaccamento è implicito in ogni comportamento umano, dalla culla alla tomba.
Il tipo di attaccamento instaurato nell’infanzia può rimanere stabile e pervasivo nel comportamento umano in tutte le fasi evolutive successive, come modelli operativi interni del Sè. I MOI sono da considerarsi insiemi di memorie affettive sia implicite che esplicite, e quindi di significati che, il bambino prima, e il paziente poi, ha imparato ad attribuire alle emozioni di attaccamento ed alle risposte dell’altro, come vissuti di sicurezza e di insicurezza (attaccamenti sicuri e insicuri). La struttura dei MOI del Sè e delle figure di attaccamento è una struttura relazionale che emerge da ripetute e precoci esperienze interpersonali; i MOI una volta costruiti, tendono a persistere e ad operare al livello inconscio.
I MOI sono costruiti dalle rappresentazioni oggettuali interne di se stesso, dell’altro, del mondo e delle relazioni e sono la base per formare relazioni intersoggettive, atte a prevedere i comportamenti dell’altro e ad anticipare gli eventi e pianificare le risposte, con fiducia in se stesso.
I MOI governano i sentimenti del bambino verso se stesso, i genitori e il mondo , come si aspetta di essere trattato dagli altri (per esperienza fatta) e come progetta il proprio comportamento e si sente proiettato nel proprio futuro. Pertanto i MOI governano tutte le emozioni, le paure, i desideri e le aspettative anche nella vita adulta.
“Sulla struttura dei M.O.I. il bambino basa la previsione di quanto le figure di attaccamento potranno essere accessibili e responsive se lui si rivolgere a loro per avere aiuto. Dalla struttura dei M.O.I. dipende inoltre la fiducia del bambino, che le sue figure di attaccamento siano facilmente disponibili e raggiungibili e la paura, più o meno grande, che non lo siano”. (Bowlby) E questo ci dà la dimensione di come i MOI influiscano sull’evoluzione della personalità e della possibile psicopatologia.
L’attivazione del sistema di attaccamento con il transfert comporta inevitabilmente la riattivazione dei MOI, i quali influenzano la sintonizzazione empatica e la presa di coscienza delle emozioni del proto Sè, prima che questi divengano accessibili alla coscienza. Viene anche attivata la co-regolazione affettiva della relazione terapeutica.
Con la adozione della teoria dell’attaccamento e delle relazioni oggettuali corporee si rientra a pieno titolo nel trattamento bioenergetico dei Disturbi di Personalità.
I vari tipi di attaccamento danno alla relazione una valenza diagnostica e terapeutica nel fornire informazioni utili sulla regolazione emotiva del paziente, su quali esperienze hanno avuto accesso alla coscienza come memoria esplicita e su quali esperienze invece siano state escluse, congelate o non energizzate nella memoria implicita del protomentale, senza pertanto poter dare significato e senso alle relazioni significative.
Il transfert ed il controtransfert corporeo comportano lo sviluppo di una sensibilità ed uno stile comunicativo che fa evolvere la relazione terapeutica, facendo superare le resistenze e gli evitamenti di emozioni penose, quali l’angoscia, il senso di colpa, la collera, la vergogna, la depressione e riattivando l’energia vitale.
La relazione terapeutica corporea che cura si basa sulla sintonizzazione intersoggettiva degli affetti, che consiste nell’entrare dentro l’esperienza corporea inconscia del paziente e nel condividere queste emozioni. Ciò riplasma il comportamento corporeo, spostando l’attenzione su cosa sta dietro il linguaggio del corpo e sullo stato d’animo condiviso. Poichè la sintonizzazione non avviene solo sul livello affettivo ma anche sul livello delle sensazioni del corpo, il paziente, attraverso il linguaggio del corpo, trasmette al terapeuta le vicissitudini evolutive del Sè / non sè e quindi permette di lavorare, nella terapia, su quei deficit instauratisi nelle primissime fasi della vita, altrimenti quasi impossibili da raggiungere.
La terapia Self-analitica Bioenergetica si articola essenzialmente attraverso tre dinamiche fondamentali:
1. understanding 2. integrazione mente-corpo 3. relazione somato-psichica:

  1. UNDERSTANDING è comprensione e conoscenza, allo stesso tempo empatica e cognitiva, per cogliere il senso profondo della storia personale unica e originale, che potrebbe andare perduto se decodificato secondo rigide interpretazioni.
    L’understanding è una relazione d’aiuto che consiste nel pensare e sentire con il paziente, in misura sufficiente per entrare almeno parzialmente in contatto con i suoi affetti ed emozioni, in modo da stabilire un contatto empatico tra l’inconscio dell’analista e quello del paziente, mediante il linguaggio inconscio del corpo.
    Questa sintonizzazione empatica bioenergetica: “il sentire con il paziente”, implica una relazione d’aiuto più vicina all’identificazione sensomotoria pre-oggettuale che amplifica l’intuizione empatica, mentre il solo “pensare sul paziente” appartiene di più alla relazione transferale oggettuale ed alla interpretazione. Competenza ed umanità acquisite nel training di formazione, riescono ad integrare entrambe queste relazioni di aiuto, quella oggettuale e quella preoggettuale.
    Understanding come introiezione vicariante, è la capacità di percepire la vita affettiva intima del paziente, pur rimanendo osservatore imparziale. Il setting preoggettuale (sintonizzazione empatica) corrisponde alla capacità materna di entrare in relazione con le proto-rappresentazioni preoggettuali dell’Emerging Self del neonato ed è bene descritto da Helen Ross: “entrare in empatia con il paziente (o con il bambino) richiede la capacità di saltare dentro la sua pelle per un tempo sufficientemente lungo per percepire e così conoscere quello che il paziente (o il bambino) sta sentendo, e nello stesso tempo, richiede l’abilità di uscirne fuori abbastanza rapidamente, per non rimanere intrappolati senza potersi differenziare dal paziente (o dal bambino) e senza che egli possa differenziarsi sufficientemente dal terapeuta (o dalla madre), per essere se stesso”.
    L’empatia presuppone un sicuro senso di identità, per essere allo stesso tempo coinvolto e distaccato, partecipe ed osservatore, in una sorta di attenzione sospesa tra queste due posizioni. In sintesi l’understanding è una integrazione ottimale tra essere un osservatore aperto, sensibile ed obiettivo, ed allo stesso tempo essere un ascoltatore empatico, partecipante, capace di percepire e condividere gli affetti subliminali corporei e senza parole (comunicazione empatica subliminale per l’understanding dei difetti del Self).
    Condividere e partecipare empaticamente, sia pure parzialmente e temporaneamente, alle emozioni, sensazioni e impulsi del paziente, comporta la capacità di oscillare dalla posizione di osservatore a quella di soggetto partecipante, per riguadagnare poi la posizione di osservatore. Ascoltare e sentire il paziente mediante l’understanding decodifica le parole in sentimenti, affetti e proto-rappresentazioni che, l’Io analizzante del terapeuta, percepisce all’interno del suo Io partecipante, cogliendo aspetti rimasti oscuri della vita affettiva del pazienti ed i suoi difetti della regolazione affettiva. L’empatia corporea bioenergetica fa sì che gli affetti senza parole emergano in maniera autogena, o incoraggiati da una armoniosa intesa e complicità non verbale, che rende sicuri di essere capiti al volo senza esporsi nè chiedere.
    L’understanding rende l’interpretazione più efficace e decodifica le distorsioni “come se” del transfert e controtransfert, che possono alterare o mascherare la richiesta d’aiuto e la percezione del bisogno. Il doppio setting ed il doppio transfert consentono quei cambiamenti della comunicazione che variano il registro, dal linguaggio simbolico a quello presimbolico, corporeo, espressivo, fino alla relazionalità preoggettuale, per smuovere gli affetti cristallizzati nelle fissazioni e rendere egodistonici, e quindi suscettibili di cambiamento, quei sintomi, blocchi emotivi ed energetici e comportamenti, non percepiti come patologici, nella misura in cui sono stati resi egosintonici dalla formazione reattiva.
    2. L’INTEGRAZIONE MENTE-CORPO si consegue recuperando ed integrando gli affetti spesso ignoti ad opera della rimozione, la quale per Freud instaura l’inconscio come non conoscenza. La rimozione ha il compito di tenere lontani i processi primari e gli affetti dall’attività muscolare e dall’azione che è il temuto “agire gli affetti” (acting out). All’alba della vita gli affetti suscitano risposte viscerali (oceaniche); in seguito gli affetti possono essere rimossi, repressi, controllati, spostati, sublimati, trasformati per il contrario e/o allucinati.
    Bioenergetica è sensomotricità espressiva degli affetti, intesi come livelli di coscienza delle pulsioni e quindi del desiderio, non sempre traducibili con parole. L’integrazione mente-corpo, conseguibile con il setting pre-oggettuale è fondamentale per la terapia dei difetti del Self: il paziente, cioè, viene aiutato a superare la sensazione di non esistere affettivamente ed emozionalmente mediante la correzione di rappresentazioni di sè distorte o disperse, conseguibile con una relazione terapeutica capace di raggiungere la costanza dell’oggetto e la regolazione degli affetti anche al livello pre-oggettuale, che farà fare al paziente l’esperienza delle aree deficitarie della propria identità (learning by experience). E’ per questo che il nostro approccio, in quanto terapia che tocca e cura i difetti del Self, non può essere solo interpretativa, ma è di natura self-contenitiva nel senso di Bion o nel senso dell’holding di Winnicott: una sorta di maieusis somatopsichica (relazione somato-psichica) per far nascere una coerente rappresentazione del Sè, ad iniziare dal Self corporeo.
    3. RELAZIONE SOMATO-PSICHICA La linea evolutiva somatopsichica si sviluppa per tutta la vita, ma dal momento in cui la mente si è formata, diviene possibile anche la linea evolutiva psicosomatica. Le due linee evolutive sono stimolate dalle relazioni significative della vita che rendono il destino di ciascuno unico ed irripetibile. Queste linee costituiscono un continuum evolutivo, mediante la sovrapposizione di stadi evolutivi, per periodi più o meno lunghi, che variano da individuo ad individuo.
    Perciò, in accordo con Daniel Siegel, fin dall’inizio della vita lo sviluppo della personalità integra gli aspetti corporei (Proto Sè) con gli aspetti della mente relazionale (Sè nucleare).
    Il contributo della ricerca della SMIAB, teso alla comprensione degli stati mentali primari, in termini di organizzazione mentale di base, funzionante in tutte le fasi di sviluppo della vita, è stato esteso alla psicopatologia e anche ai Disturbi di Personalità, zoccolo duro e il tallone d’Achille di tutte le terapie.
    La psicoanalisi parte da un sapere per interpretare un sentire, la SAB parte da un sentire per costruire un sapere.
    Sentire è vivere esperienze di vita mediante il “corpo vivente” e la sua energia vitale che è la condizione più originaria della nostra identità ; sentire è fare esperienze relazionali per conseguire conoscenze necessarie all’azione, in altre parole sentire, non è senz’altro sapere, e, soprattutto, sapere non è sentire, ma per sapere veramente e cioè essere consapevoli, bisogna essere in grado di sentire.
    Il Self, attraverso la relazione, tende al superamento dell’antitesi tra “essere mente” ed “essere corpo” e pertanto costituisce l’interfaccia osmotica tra sentire e sapere.
    La mente, mediante la simbolizzazione, oggettivizza la soggettività, cioè l’esperienza somatopsichica. Spesso la mente appropriandosi della soggettività del corpo la eclissa, riducendo il corpo ad oggetto, con la conseguenza che si parla del corpo e del sentire le emozioni senza sentirle veramente e profondamente.
    Quando non c’è eclissi del corpo vivente, il corpo può esprimere il Real Self, allorquando il somatico e lo psichico, pur essendo funzioni diversificate e complementari, raggiungono un grado ottimale di integrazione.
    L’esperienza soggettiva è sensomotoria, somatopsichica, e “intender non la può chi non la prova”. E’ un meraviglioso e spesso unico momento, quel “momento di esperienza soggettiva nell’atto del suo compiersi, così come viene vissuta (non dopo quando viene riformulata a parole o ripensata)” (Stern).
    L’unità funzionale mente-corpo-relazione fa sì che gli accadimenti corporei diventino psichici e gli avvenimenti psichici si percepiscano con il corpo. In questa prospettiva il corpo è un libro aperto che propone domande che aiutano ciascuno a trovare le proprie risposte.
    Il linguaggio del corpo esprime in maniera chiara ed immediata i bisogni fondamentali dell’essere umano che sono: il bisogno di sicurezza attraverso la relazione che cura; il bisogno di radicamento (grounding) nel Real Self; il bisogno di “essere con”.
    La terapia è poter maneggiare la paura immergendosi, senza paura, nel mondo oscuro, senza nome e senza parole, del proprio e dell’altrui inconscio corporeo, per costruire relazioni improntate al piacere e alla gioia.

Una buona terapia Self-Analitica deve saper disorganizzare un’organizzazione patologica e disfunzionale e sostenere una nuova riorganizzazione più sana e funzionale.
L’umanità, ed il “being with”, nella vita come nella psicoterapia, sono il vero rimedio per l’uomo. Il corpo è il libro aperto della natura umana scritto, con la grammatica e la sintassi degli affetti, e, come dice Sartre, “è l’oggetto psichico per eccellenza, il solo oggetto psichico” e rappresenta la forza vitale che noi chiamiamo Bioenergetica.

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